provincia dell'Aquila Abruzzo Italy

PROVINCIA DELL'AQUILA :

A 714 metri sul livello del mare sorge L'Aquila, al centro di una grande conca detta "aquilana", solcata dal fiume Atemo: abitato si estende sulle propaggini del Colle di S. Onofrio ed ebbe origini verso la metà del XIII secolo, per il progressivo congiungimento degli abitanti dei "castelli" e delle cosiddette "ville" che erano disseminati lungo la conca aquilana.
La cerchia delle mura risale al 1272 e verso il secolo XVI la città si estese fino a raggiungere l'attuale forma trapezoidale, con le vie a tracciato regolare. Le due principali direttrici, via San Bernardino e Corso Vittorio Emanuele II, si intersecano ad angolo retto e formano il centro della città. Il borgo sorse su volontà di Federico II e venne realizzato dal figlio Corrado IV verso il 1254.
Fu nel 1257 che Papa Alessandro IV vi trasferì la sede Vescovi le per assicurare protezione ai cittadini, ma le lotte feudali dell'epoca indussero Manfredi ad assalire e distruggere la città. Chia­mato da papa Urbano IV per fronteggiare Manfredi, Carlo 1 d'Angiò, contribuì a ricostruire l'abitato ed a fortificarlo con mura di protezione. Nel 1294 l'Aquila ospitò il conclave che portò alla ele­zione a Papa dell'eremita del Morrone, col nome di Celestino V, incoronato nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, alla presenza di Carlo II d'Angiò, Carlo Martello e del Sacro Collegio. Verso la seconda metà del secolo XIV L'Aquila, per acquisita importanza politica ed economica, venne considerata, dopo Napoli, la seconda città del Regno.
La città venne funestata poi dal terremoto del 1461 e dalla peste nel 1477. Non opponendo alcuna resistenza, divenne signoria degli Aragona. Venne saccheggiata dal Principe d'Orange e Vicerè di Napoli che vi fece costruire a totali spese dei cittadini, il Castello, con lo scopo, non solo di umiliare l'orgoglio degli aquilani, bensì, soprattutto per sottometterli all'obbedienza. Dopo il ter­remoto del 1703 venne nuovamente riedificata, ma do­vette subire ancora distruzioni e saccheggi durante l'insurrezione contro i francesi, nel 1799. Ancora oggi vi sono tracce della romana "Amiternum" attraverso i resti del teatro e dell'anfiteatro, il "calendario" conservato nel Museo, in cui sono elencati i giochi e le feste che si svolgevano da luglio a dicembre. Nei pressi di San Vittorino vi è una chiesa romanica intitolata a San Michele e a Bazzano la chiesa di Santa Giusta del 1268.

DA VISITARE A L'AQUILA :

Da visitare la chiesa dell'Assunta ad Assergi che risale al 1150, con un bel portale romanico e interno barocco, a tre navate con colonne primitive; la chiesa di San Giustino a Paganica (l'antica Cutina) edificata nel IX secolo con portale romanico e loggetta quattrocentesca sulla destra, altare in pietra e dipinto del secolo XV raffigurante La Trinità. La più antica chiesa dell'Aquila è quella di San Pietro di Sassa (1256) con facciata bipartita orizzontalmente e decorata da rosone. Dello stesso pe­riodo la Basilica di Collemaggio, considerata giustamente il più impor­tante monumento dell'Abruzzo, fatta edificare per desiderio di Papa Celestino V. Sul fianco sinistro è la porta santa. Vi si conservano il mausoleo di Celestino V, affreschi e dipinti del '600 del Frate Andrea da Danzica. Di questo periodo la fontana delle 99 cannelle, considerata un mo­numento simbolico a significare altrettanti castelli e chiese e testimoniare la neutralità e l'unione di tutti gli abitanti. Suggestiva la Festa della Per­donanza Papale (o Celestiniana), che risale al 1294, in occasione della elezione a Papa di Celestino V. Si celebra ogni anno nella Basilica di Collemaggio, la sera del 28 agosto quando l'Arcivescovo legge le parole della bolla papale che concede l'indulgenza.
Segue l' apertura della "porta santa" attraverso la cui scalinata il popolo sale in ginocchio per osservare e venerare le reliquie del Santo.
Originale e illustre la gastronomia aquilana che affonda le radici nell'antichità, e che trova concretezza nella famosa "panarda", per richiamare la cosiddetta "cucina povera" accostata al più famoso "pachiamo" di S. Antonio Abate (il santo "deju porcu" nel dialetto locale), che viene offerto in occasione della festività del santo. Da assaggiare all'Aquila il mai imitato "intingolo" confezionato con midollo di bue e uova sbattute, cui è aggiunta panna, zafferano e un pizzico di sale.
Il "torrone aquilano" è il dolce più buono che si accosta alla tradizione locale.

Non può mancare una visita ad alcuni centri dell'Aquilano. A Cocullo, su di un colle alto 870 metri, il primo giovedì di Maggio, si celebra la Festa di San Domenico o dei "serpari".
Ha una tradizione antichissima che risale all'epoca preromana, quando il paese era noto come "Coculum oppidum", cioè una stazione militare, e si collega al culto pagano della dea Angizia. Infatti, in latino, "anguis" significa serpente e Angizia era la dea protettrice contro il morso dei rettili velenosi. I popoli Marsi che abitavano quella regione erano devoti a questa divinità ed erano ritenuti come incantatori di ser­penti. Con l' avvento della religione cristiana, al posto del culto della dea Angizia, subentrò quello in onore di San Domenico da Foligno, che, nel decimo secolo in questa zona operò numerosi miracoli.
Durante la festa la statura di San Domenico è adornata da ghirlande di serpi e condotta in processione, preceduta dai "serpari" (che sono cacciatori di serpenti) anche essi adornati da ret­tili attorcigliati al collo. Le donne recano dei cesti ricolmi di ciambelle a forma di serpe, appunto per ricordare il miracolo di San Dome­nico che trasformò un rettile in una forma di pane fragrante. Anche Scanno è celebre per i costumi indossati dalle donne. In paese, a 99 km. dall'Aquila, si lavorano merletti, ricami ed oggetti d'oro. Il costume femminile di Scanno è formato da una gonna con giustacuore di panno di lana tinto in casa con il classico turbante detto "cappellitto" adornato di fascia colorata. Le trecce sono intessute di fili d'oro e d'argento.